La pesca è stata una delle attività umane più antiche, praticata sin dai tempi preistorici come fonte di cibo e di sostentamento. Nel corso dei millenni, l'uomo ha sviluppato una vasta gamma di tecniche e strumenti di pesca, in grado di soddisfare le diverse esigenze legate alle diverse specie di pesci e ai diversi ambienti acquatici.
Uno dei primi strumenti di pesca utilizzati dall'uomo primitivo era la rete, realizzata intrecciando fibre vegetali o animali. Con il tempo, la tecnica della pesca con la rete è stata perfezionata, e oggi esistono diverse tipologie di reti, adatte a differenti tipi di pesca.
Un altro strumento molto antico è l'amo, utilizzato fin dall'antichità per la pesca di pesci di piccole dimensioni come trota, anguilla o cavedano. Inizialmente, gli ami erano realizzati in osso o in legno, ma successivamente sono stati prodotti in metallo, raggiungendo una maggiore efficienza.
Un'altra tecnica di pesca molto antica è la pesca con la lenza, che consiste nell'utilizzo di una canna da pesca e di un filo munito di amo. Anche in questo caso, nel corso dei secoli, la tecnologia si è evoluta, con la produzione di canne da pesca sempre più sofisticate, dotate di mulinelli e altri accessori.
Negli ultimi decenni, inoltre, sono state introdotte nuove tecniche di pesca, come la pesca sportiva, la pesca commerciale e la pesca a mosca, che utilizza esche artificiali per attirare i pesci.
Inoltre, a seconda della tipologia di pesca, si utilizzano anche altri strumenti come le lenze trainanti, le nasse, le trappole e le barche da pesca.
In sintesi, la storia della pesca e dei suoi strumenti è lunga e affascinante, e ancora oggi la pesca è un'attività molto diffusa e amata in tutto il mondo, sia come passatempo che come fonte di sostentamento per molte comunità costiere.
Le origini della pesca
Già nel IV millennio a.C. si hanno testimonianze che in Egitto venissero utilizzate reti da molti pescatori. Questo sistema di cattura era certamente essenziale per soddisfare la domanda di pesce in una civiltà così importante.
Sono numerose le prove giunte sino a noi. Sulla tomba della principessa Idut (VI dinastia), risalente al 2300 a.C. è raffigurata una lenza con quattro ami. Altri reperti egizi del 1500 a.C. testimoniano come già a quel tempo le civiltà più evolute conoscessero tecniche di pesca piuttosto raffinate.
I primi ami furono probabilmente in osso, sostituiti in alcune zone da quelli in bronzo e in ferro, mentre il filo per le lenze poteva essere di lino ma anche di crine di cavallo o setole di cinghiale, e sufficientemente robusto da sopportare il peso e gli strattoni del pesce catturato. Tra i primi attrezzi da pesca con molta probabilità figuravano gli arpioni e le fiocine, simili a lance usate per la caccia a terra. Ancora oggi alcune popolazioni africane e sudamericane utilizzano questo sistema di pesca in mare, ma anche nei fiumi e nei laghi. Tra le prede più vulnerabili e più facili da catturare vi erano certamente i polpi.
Forse anche prima ma certamente ai tempi dei Romani esistevano le nasse, che erano fabbricate con bacchette di legno (giunco; vimini) e rete in maniera artigianale, tanto che, come riporta Ovidio (alieutica, 1-50) alcuni pesci particolarmente astuti come lo scaro (pesce pappagallo, non presente nelle acque Liguri) pare riuscissero con grandi colpi di coda e con l'ausilio del branco a liberarsi. All'interno delle nasse venivano messe esche diverse: polipetti e pesci arrostiti o anche esemplari femminili per attirare i maschi della stessa specie; come nel caso dello scaro, uno dei pesci più ricercati dai Romani. Già allora nella pesca venivano, come oggi, utilizzati falsi richiami, come le piume, o meccanismi che facevano apparire in movimento i piccoli pesci usati come esca.
Il periodo romano coincide con una sorta di regolarizzazione della pesca. Il pescatore si trova così soggetto a diritti e doveri. Si hanno casi di rimborso di reti danneggiate da navi che avevano accidentalmente rotto gli ormeggi, o condanne per luci esposte sulle barche la notte che causavano problemi di orientamento ai naviganti. Comunque, mentre la pesca nei laghi e nei fiumi era soggetta ad imposta, la pesca nel mare era libera e i pesci diventavano di proprietà di chi li catturava, in quanto come l'aria e l'acqua anche il mare era un bene comune. Come gli attrezzi anche le tecniche di pesca erano, ovviamente, molto simili alle attuali. Gli ami di bronzo sarebbero poi stati gradualmente sostituiti o affiancati da quelli in ferro che potevano essere utilizzati poche volte, perché facilmente corrosi, ma che erano tuttavia più resistenti.
Le reti, in alcuni casi piuttosto grandi, venivano tirate con le imbarcazioni vicino a riva e spesso trainate oltre la superficie da buoi. Nel Medioevo la pesca fu certamente influenzata dalla cultura germanica cosicché il pesce d'acque dolci acquistò via via grande importanza nelle mense europee. In questo periodo di grande decadenza e di confusione il diritto romano libertario, che rendeva la pesca un'attività aperta a tutti venne meno. I diritti dei diversi signori locali a cui il sovrano delegava il possesso di tratti di fiumi, laghi o mare, consentivano agli stessi di sub-affittare le zone di pesca in cambio di adeguate contropartite (monetarie o naturali), si veda quanto detto nella seconda sezione per l'abbazia di S. Fruttuoso. Solo nei corsi d'acqua minori (torrenti, stagni) era consentito a tutti pescare.
Il pesce assunse nel medioevo estrema importanza in quanto la chiesa imponeva alle popolazioni il rispetto dei giorni di magro, in cui vi era l'obbligo di astinenza dalla carne, intesa in senso stretto. Il pesce divenne così l'importante e essenziale sostituto di questa, anche perché i giorni di magro variavano da 100 a 150 all'anno; mediamente due o tre giorni la settimana. Nel tardo medioevo vediamo completamente affermati i tipi di pesca odierni. Gli ami sono in bronzo o ferro, le reti diritte e anche a maglie strette, per catturare pesci di piccola taglia come le acciughe. Si usa anche la sciabica, vietata in alcune zone e in certi periodi, vedi anche sezione successiva, perché ritenuta causa principale del depauperamento delle risorse del mare. Si trattava di una pesca praticata da riva che, sino a qualche secolo fa, veniva effettuata quasi da ogni spiaggia.
I pescatori all'incirca sino al 1400 pescavano da riva o non molto distante dalla costa, tenendola a portata di vista, un po' per la paura di quanto poteva celare il mare aperto un po' per riuscire in tempo a sottrarsi agli attacchi dei pirati. Erano eccezioni le migrazioni dei pescatori che potevano trasferirsi in un'altra zona del Mediterraneo aggregandosi a convogli diretti, ad esempio nelle colonie liguri del levante. Più tardi, seguendo i banchi di pesce i pescatori effettueranno migrazioni stagionali, complice anche una nuova tecnica che consente di conservare per lungo tempo il pesce: la salagione. Gli strumenti utilizzati dai pescatori liguri dell'alto medioevo erano canne, scandagli, bilance, nasse, tramagli, palamiti o palangari, le sciabiche e le tonnare. Spesso si pescava anche con veleni naturali, ricavati da piante della flora locale, che normalmente stordivano o uccidevano i pesci permettendone la cattura.
In Liguria spesso i pescatori erano associati tra loro allo scopo di utilizzare attrezzi e imbarcazioni comuni e allo scopo di aiutarsi reciprocamente dividendo i guadagni. Situazioni di tal genere sono oggi ancora ampiamente diffuse e consentono la sopravvivenza delle imprese di pesca che possono ridurre le elevate spese derivanti dall'attività.